Alzheimer, demenze, malattie neurodegenerative… qualcosa come 50 milioni di persone al mondo ne soffrono (il Rapporto Mondiale Alzheimer 2015 ne rilevava 46,8 milioni) e si prevede che nel 2050 saranno il triplo. Oltre un milione in Italia, più del doppio nel 2050. Un calvario per loro e per le loro famiglie. Non esistono attualmente terapie farmacologiche che possano modificare il decorso della malattia, solo ed esclusivamente farmaci che in qualche modo alleviano e al più ritardano i sintomi.
Nessuna speranza dunque? Assolutamente no. Si è soliti pensare a malattie incurabili, confondendo il termine con inguaribili. Il fatto che al momento non esistano farmaci che guariscano dalla malattia non impedisce che possano essere seguiti percorsi di cura, anche efficaci, in grado di ridurre la disabilità, garantire una buona qualità di vita, permettere una migliore socialità e infine, ma non ultimo, offrire un efficace supporto ai famigliari spesso travolti dalle fatiche di assistere la persona malata.
Si tratta di un approccio alla malattia che, superando il tradizionale modello esclusivamente indirizzato a sintomi e patologia cui offrire risposte prettamente sanitarie e farmacologiche, mira ad un modello di presa in carico socio-sanitaria e socio-assistenziale caratterizzato da un contesto di vita inclusivo, determinante per il benessere dell’individuo, con l’obiettivo di migliorare la vita delle persone affette da demenza e dei loro famigliari e ridurre l’impatto della demenza sull’intera comunità. Questa la direzione indicata dal “Piano Nazionale Demenze (PND) – Strategie per la promozione e il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze” (Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2015), non dissimile dal “Piano Globale di Azione sulla Risposta di Salute Pubblica alla Demenza 2017-2025” adottato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2017.
In quest’ottica, accanto alle residenze assistenziali dedicate ai malati di Alzheimer in fase avanzata, si va diffondendo capillarmente una serie di servizi destinati alle persone affette da patologie neurodegenerative e ai loro familiari che prevedono interventi di supporto, di socializzazione, di sollievo, di stimolazione, a sostegno dell’ammalato e dei suoi familiari e mirano a ridurre l’isolamento. Non mancano esperienze significative nel nostro territorio: il Promemoria Caffè di Omegna, il Café della Memoria di Verbania, l’Alzheimer Caffè dell’Ossola. Ed è di questi mesi il progetto di implementazione del servizio ad opera del CISS Verbania volto alla “Sperimentazione di nuovi luoghi e attività di welfare sul modello degli Alzheimer Cafè, dove attivare terapie non farmacologiche a supporto degli anziani fragili, per patologie neurodegenerative e altre patologie fortemente invalidanti, e a supporto di familiari e caregiver”.
Una sempre maggiore attenzione al problema dunque, e un esteso panorama di interventi e servizi che si sta notevolmente ampliando un po’ ovunque con le forme più diverse.
Interesse e curiosità ha sollevato ad esempio IL PAESE RITROVATO di Monza. Una struttura ideata come fosse un piccolo paese, un borgo composto da due palazzine con al centro una piazza su cui si affacciano il bar, il cinema, il market, i negozietti, gli atelier per le attività diurne. Nato sul modello del centro Alzheimer olandese De Hogeweyk di Weesp, nel Paese ritrovato, in cui sono presenti operatori socio sanitari e diverse figure professionali (psicologo, fisioterapista, animatore…), trovano ospitalità malati per i quali non è più possibile la permanenza nella propria abitazione, ma con un grado della malattia lieve o moderato, che consenta loro una discreta autonomia. Si tratta di una struttura privata, gestita da una cooperativa: suggestiva e gradevole, forse un po’ irreale, un po’ Truman Show, un po’ outlet, all’interno della quale i residenti sono liberi di muoversi, così come sono liberi di scegliere le attività che desiderano esercitare, il che permette loro di sentirsi adeguati a quel particolare contesto di vita quotidiana. Gli ospiti godono dunque di una certa libertà e autonomia, pur essendo la struttura recintata, gli ingressi vigilati, mentre i residenti indossano dei braccialetti che consentono di localizzarli. Una struttura dunque chiusa per motivi di sicurezza, ma aperta ai parenti che possono entrare abbastanza liberamente e, seppur mediata dall’organizzazione, alla cittadinanza. Un messaggio importante: la malattia non è più un problema che coinvolge solo l’individuo e la sua famiglia, ma l’intera comunità.
Diario di Bordo è la Newsletter periodica di Alternativa A… in cui è possibile approfondire e analizzare le tematiche relative all’associazionismo provinciale, le ultime notizie e le anteprime.
© Alternativa A • Casa Don Gianni | Via dell’Artigianato, 13 | 28845 | P.Iva 00984480038 | alternativa-a@legalmail.it | Domodossola (VB) | Privacy Policy | Cookie Policy