RN– La Casa Albergo di Baveno ha rappresentato una realtà particolare nel panorama delle esperienze di ospitalità per persone anziane del territorio, un “destino” che pare nuovamente rinnovarsi. Ne parliamo con Maria Rosa Gnocchi, già sindaco, oggi vicesindaco e assessore alle Politiche Sociali di Baveno. Come si conviene, incominciamo dal principio.
MRG – Partiamo quindi dalla storia della Casa Albergo di Baveno, che è nata nel 1979, con l’obiettivo di avere una struttura per persone anziane autosufficienti, che poi nel 1999 ha assunto la classificazione di RA (residenza assistenziale), per cittadini, prevalentemente bavenesi, ancora autosufficienti ma che all’affrontare la vecchiaia nella propria casa preferivano una soluzione abitativa in comunità. Fin dall’inizio è stato avviato, e poi mantenuto negli anni, un piccolo ambulatorio medico con infermiera e fisioterapista aperto anche verso l’esterno, e favorendo fin dall’inizio l’ingresso dei cittadini come volontari per attività di tempo libero e nella gestione. Questa idea di una struttura aperta al territorio è stata una costante di quell’esperienza.
Poi, nel ’92 è stato definito lo status di struttura residenziale in regime transitorio fino al 2000, quando fu attribuita la condizione di RA con 38 posti letto, e si ottenne dalla Regione l’autorizzazione a mantenere nella struttura anche quei cinque anziani che, nel frattempo, erano diventati non autosufficienti e che avrebbero dovuto essere collocati altrove. Una scelta importante e anticipatrice, che permetteva di mantenere in quello che era il loro ambiente di vita quelle persone, dotando ciascuna di un PAI (piano assistenziale individualizzato) che prevedeva anche un’assistenza infermieristica da parte dall’ASL, che, però di fatto, per carenza di personale, mantenne solo l’assistenza domiciliare; quindi fu il Comune a garantire la necessaria assistenza continua. Nel 2016 si è avuta un’autorizzazione definitiva per 30 posti letto come RA.
Dal 2010 era iniziato, però, un ripensamento da parte degli amministratori locali, a causa dell’emergere di un cambiamento della domanda territoriale di assistenza, sempre più orientata da bisogni che trovano risposta nella RSA, quindi bisogni riguardanti la non autosufficienza, e sempre meno di quelli che la RA può soddisfare. Ciò avveniva perché, per un verso, erano stati attivati dai CISS progetti di assistenza domiciliare in grado di mantenere nelle proprie case le persone fragili e, dall’altra, cresceva il fabbisogno di un’assistenza ad alta intensità che si orientava necessariamente verso le RSA.
Il primo tentativo fu, sulla scorta della possibilità di convenzioni regionali, di ampliare la struttura per aumentare il numero degli ospiti ma problemi strutturali e tecnici hanno costretto a scartare questa soluzione. Dalla fine del 2014 ha preso forma una nuova ipotesi: costruire una struttura nuova e moderna, con un partenariato pubblico-privato, nell’area libera di villa Mussi a Oltrefiume, sufficientemente vasta per poter costruire l’ipotizzata struttura con sessanta posti.
Quando nel 2015 sono diventata sindaca, abbiamo ripreso in mano la questione orientandoci verso l’idea di una struttura sempre in quel terreno già individuato. Alla richiesta di manifestazione di interesse ha risposto un’impresa novarese che già costruiva strutture analoghe, ma anche questa prospettiva si è presto arenata per l’abbandono del partner designato. Così, a fine 2019 abbiamo festeggiato i quarant’anni della struttura con un grosso punto di domanda: cosa facciamo di questa struttura? Perché il disavanzo economico era ormai piuttosto elevato; disavanzo che il Comune di Baveno ha potuto reggere perché è un ente solido, con un buon bilancio, e ha sempre optato per la scelta di mantenere la Casa, pure in assenza di contributi regionali e copertura di costi di pertinenza dell’ASLVCO. Questo impegno delle amministrazioni bavenesi è sempre stato finanziato con risorse comunali, come, d’altra parte, quello dell’asilo nido, ma ora occorreva una prospettiva che potesse dare continuità all’impresa.
Quindi, alla fine del 2019 ci siamo ritrovati con questo grosso interrogativo, ma anche con il Covid dilagante. Sono seguiti due anni veramente pesanti: alcuni ospiti sono morti a causa della pandemia e non si sono avuti nuovi ingressi; l’utenza si era ridotta a 17 ospiti. Non si sapeva come andare avanti, si incominciò a pensare seriamente a una possibile chiusura. Ma proprio allora è arrivata dal Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano la notizia che vi era la possibilità con il PNRR di acquisire fondi per creare una struttura per un obiettivo, l’autonomia degli anziani non autosufficienti a bassa intensità, che a noi è sembrato proprio fatto apposta per la nostra Casa.
RN– È a questo punto che il “destino” incrocia nuovamente la storia, cioè la “vita”.
MRG – Si, è la possibilità di riqualificare la Casa Albergo “Chiara Mattazzi” in un complesso abitativo con 12 miniappartamenti autonomi per due persone (piccolo soggiorno, cucina, camera da letto), al posto delle 19 camere preesistenti, disponibili non solo per Baveno ma per l’intera area consortile. Altre piccole realizzazioni saranno attivate in altri Comuni, ma questo di Baveno sarà il più consistente. Sempre mantenendo, perciò, quella connotazione, che fin dalle origini ha caratterizzato la Casa: non isolamento, ma apertura alla comunità e all’intero territorio.
Un cerchio che si chiude, una progettualità che ci tocca, che abbiamo sentito proprio come nostra: un ritorno al passato ma in senso buono, progressivo, non regressivo. La conferma della bontà dell’intuizione iniziale, finalmente compiutamente realizzabile.
Nell’estate scorsa è stato presentato il progetto di massima e a fine gennaio di quest’anno abbiamo approvato il progetto esecutivo. Il PNNR ci darà un milione e 300 mila euro, ma abbiamo dovuto aggiungerne quasi altrettanti di nostri. Anche il CSS del Verbano contribuisce con una quota, perché la nuova struttura opererà anche come sede di coordinamento dei servizi domiciliari da esso gestiti. Nella nuova struttura, domotica, telemedicina, nuove tecnologie e assenza di barriere architettoniche, contribuiranno a consentire un massimo di autonomia possibile a persone che già soffrono di limitazioni.
Il coordinamento operativo tra la Casa e i servizi territoriali dovrà consentire di raggiungere un centinaio di persone anziane: 24 nella nostra struttura di senior housing e il resto nelle loro abitazioni ma allacciati alla rete dei servizi domiciliari. Sarà, quindi, una rete territoriale che coordinerà e integrerà ospitalità residenziale e domiciliare. Una realtà da tempo attiva in altri Paesi e che incomincia ad essere presente anche in qualche regione italiana (soprattutto Lombardia, Emilia Romagna), ma che la Regione Piemonte non ha ancora normato: queste strutture non sono più RA, ma ancora non hanno ricevuto una nuova definizione giuridica.
RN– Possiamo dire che siamo in una fase di estensione e ulteriore consolidamento dell’orientamento che privilegia la domiciliarità, scorporando dalla categoria della non autosufficienza tutta quella parte che, debitamente sostenuta da una rete territoriale, può essere sottratta all’istituzionalizzazione.
MRG – Ci sono molti anziani che vivono in case vecchie, condizionati da barriere architettoniche, magari persone sole, per le quali è sufficiente una menomazione non grave per non poter più rimanere a casa loro, o anche soltanto reduci da un ricovero ospedaliero per acuzie o per intervento chirurgico. Una struttura come quella che sarà realizzata potrà essere polivalente, organizzata in modo da poter essere adatta anche a residenzialità brevi, a ricoveri di sollievo.
Tutto il pianoterra sarà destinato a servizi comuni, come la palestra, locali per altri servizi, attività e per prestazioni utili sia a residenti che ad esterni, un’area polivalente per incontri e per attività comuni. Questa strutturazione darà la possibilità a tutti i nostri volontari, con i quali si è fatto un percorso di mantenimento della solidarietà, di rientrare finalmente in una struttura completamente e modernamente ristrutturata. Spazi aperti saranno anche destinati all’attività di coordinamento del progetto La cura è di casa e per nuove collaborazioni. Quindi l’orientamento è non solo di mantenere, ma di potenziare quell’apertura verso l’esterno, verso la comunità cittadina ma anche l’intero territorio del Verbano. La struttura rimarrà proprietà del Comune di Baveno, e per questo ci metteremo anche la nostra parte di finanziamento, ma non sarà più gestita esclusivamente da noi, ma per l’area dei servizi territoriali, anche dal CSS del Verbano.
RN– Insomma, mi pare che si possa concludere dicendo che quella vostra idea della fine degli anni Settanta di una Casa Albergo per Anziani aperta (quindi non un “ricovero” che separa e isola), perché possa essere parte della comunità che la circonda e perché chi la abita possa continuare ad esserne parte, è stata un’idea in qualche modo profetica: una giusta intuizione tenacemente voluta e, poco a poco, tenacemente realizzata?
MRG – Si, senz’altro, e anche superando difficoltà e ostacoli di non poco conto.
[NdA: Il titolo “Vita e destino” è un arbitrario e sfrontato prestito dal bel titolo del capolavoro di Vassilij Grossman (Adelphi, 2008)].
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