Abbiamo chiesto a un piccolo gruppo di lettori di sedersi con noi intorno a un tavolo per un confronto, innanzi tutto un ascolto, per una prima occasione di verifica del primo anno di pubblicazioni di “Alternativa”. Vedendo i nomi dei convenuti, qualcuno dirà “avete cominciato dal fondo del registro!”, già… il caso. Quello che segue è il resoconto sintetico di questo incontro.
Negroni – È passato più di un anno da quando è nata la nuova Alternativa. È tempo di avviare un percorso che provi ad accertare l’utilità di quanto stiamo pubblicando. I dati quantitativi del sistema di monitoraggio degli accessi al sito ci danno un riscontro abbastanza positivo. Occorre, però, qualcosa di più solido, cioè comprendere la coerenza che il risultato possiede con i presupposti di partenza, verificare che l’offerta incontri l’ipotetico bisogno di conoscenza dei destinatari.
All’origine di questa impresa stanno due scelte. La prima consiste nella platea, dei destinatari, a cui vogliamo rivolgerci: chi lavora, opera o è anche solo interessato all’ambito del sociale, con una priorità per chi si misura con le aree più difficili, il mondo del disagio, della marginalità, delle povertà. La seconda è la scelta del come approcciarsi alla platea dei potenziali lettori, differenziandosi dalla pubblicistica e dall’editoria di settore già esistenti, individuata nel tentare di rispondere al bisogno di connessione dell’azione e dell’intervento in campo sociale con il contesto, con l’ambiente in cui si esplica; l’importanza della conoscenza degli scenari, degli sfondi, dei territori, delle loro dinamiche, degli attori che vi operano.
Colombo – Partiamo, allora, con una domanda, la più semplice, più aperta: voi che la leggete, cosa pensate della rivista? E lasciamo per il prosieguo eventuali altre domande più mirate.
Zoldan – Sono legata da tempo a questa associazione, con fasi più o meno intense, ma lo sguardo su questa realtà l’ho sempre mantenuto. Ho seguito la rivista dal 2004/2005 fino al 2010 come coordinatrice del gruppo di redazione. In quel periodo c’è stato un primo cambiamento. Inizialmente, la rivista è nata come strumento di diffusione della realtà dell’associazione e delle cooperative da essa nate, di legame tra gli aderenti, peccava un po’ di autoreferenzialità. Quel primo cambiamento è consistito nell’allargare i contenuti della rivista. Ora mi trovo davanti a un nuovo cambiamento che vedo proprio come una evoluzione: nuove tecnologie e lettura on line che sono adeguate ai tempi e uno stimolo a familiarizzare con queste nuove modalità, anche per il valore di scelta ecologica del risparmio della carta e, comunque, il mantenimento del formato cartaceo come possibile scelta per il piccolo gruppo di vecchi abbonati legati a quel formato.
Il riferimento al sociale e al terzo settore emerge chiaramente, in coerenza con la scelta operata dalla redazione, e lo ritrovo legato in modo molto favorevole all’intero territorio provinciale, uscendo dall’originario guscio ossolano e promuovendo una visione unitaria di un territorio troppo spesso diviso. Ho apprezzato gli articoli scritti dai direttori dei tre Consorzi dei Servizi Sociali, forse perché sono vicepresidente del C.I.I.S. Ossola; anche perché si stanno svolgendo attività in coprogrammazione e coprogettazione nei e tra i tre Consorzi. Ho notato un equilibrio tra gli aspetti nuovi e quelli tradizionali della rivista: ad esempio, il mantenimento di alcune parti, come le vecchie rubriche (viaggi, cinema, ecc.) fa dell’attuale cambiamento un momento di evoluzione della precedente esperienza e non di rottura. Apprezzo l’impaginazione e la grafica, che sono accattivanti e aiutano la lettura; le firme sono attrattive. Non noto criticità, quindi i risultati di questo primo anno, in relazione all’impostazione scelta, mi sembrano soddisfacenti.
Zanotti – Avevo una conoscenza solo indiretta della rivista, anche se la notorietà dell’associazione e delle sue cooperative ne garantivano la rilevanza, ma la circolazione solo ossolana limitava le possibilità di accesso a qualche occasione dettata da qualche mio impegno amministrativo a livello provinciale. Il passaggio al formato digitale, che ha spalancato il potenziale di diffusione, e le notifiche di pubblicazione che si ricevono hanno favorito anche la sistematicità di approccio, che questo formato agevola anche rispetto ai contenuti che risultano più liberamente accostabili, favorendo la diffusione tra un pubblico di lettori digitali ormai abituati a modalità di assunzione dei contenuti diverse da quelle del lettore cartaceo. Il prodotto mi pare buono e accattivante, si vede che ha un suo valore non solo nei contenuti, ma anche come oggetto virtuale nell’impaginazione, nella grafica, nel corredo iconografico, nel ricorso ai link che permette e stimola approfondimenti e digressioni.
La mia lettura è selettiva, come penso per la maggior parte dei lettori: cerco le cose che più direttamente e per le più varie ragioni mi interessano, magari con una prima scorsa e poi una lettura più attenta dove maggiore è il richiamo dell’interesse o della curiosità per il tema o l’autore; ad esempio, con un autore come Giannino Piana non si lascia mai niente di non letto, e penso che questo non valga solo per me. Per altri articoli ho magari meno interesse, come, sempre ad esempio, per la rubrica dei viaggi, perché – la faccio un po’ lunga – contrasta con il mio ideale di vita, io sono un teorizzatore della dissipazione morale del viaggiare, sono per la stabilità loci della tradizione benedettina: c’è un ovile e devi vivere in quel posto senza andare mai via. In conclusione, penso che il 60/70% delle pagine della rivista venga letto, magari non di getto, ma con ritorni successivi. Diverso è il problema dell’effettiva ricaduta sul territorio: la diffusione quantitativa (1.200/1.300 notifiche inviate e una media di 500 aperture singole o ripetute per numero) è abbastanza consistente, ma ha forse margini di incremento. Non mi è però mai capitato di sentir citare o richiamare questa rivista in momenti di incontro pubblico, forse anche perché si è indebolita nel tempo quella stimolante dialettica tra soggetti collettivi della società civile e attori della politica e dell’amministrazione pubblica.
Colombo – Nella mailing list sono presenti, oltre a indirizzi nominativi, tutti gli enti e le istituzioni riferibili all’ambito del sociale: comuni e amministrazioni pubbliche, C.I.I.S., Centro Servizi Territoriali, enti, istituzioni e cooperative del terzo settore, associazioni di volontariato, A.S.L-V.C.O., istituti scolastici.
Zocchi – Non conoscevo prima questa rivista, la mia conoscenza si basa quindi sui quattro numeri del nuovo corso che ho trovato molto interessanti perché il fatto che analizzino, studino e riflettano della realtà provinciale è un valore; poche sono queste occasioni. Anch’io non leggo integralmente, però trovo molto interessanti lo sguardo sociologico, gli spunti di riflessione e di ricerca sulla realtà locale che altrove non si trovano. Mi è sembrata molto interessante l’iniziativa di realizzare un Forum, cioè un incontro e confronto, con i protagonisti istituzionali e del terzo settore, il cui resoconto rimane leggibile in rete, un’occasione importante, un collante, per stimolare la discussione di importanti problemi in un territorio piuttosto disgregato. Questa può essere un’idea da riprendere in altre occasioni. Un aspetto che potenzierei è l’ascolto delle varie realtà di volontariato; ad esempio, per conto di un’associazione sono entrata in contatto con il Centro Servizi Territoriali di cui non conoscevo l’esistenza, e mi ha colpito la disponibilità a supportare i bisogni delle associazioni, che però operano quasi sempre senza connessioni con altre presenti nel territorio; manca un’azione di raccordo, di messa in rete, che possa produrre sinergie. Trovo la grafica molto piacevole e accattivante, nel complesso è una rivista ben fatta. Anche la scuola sarebbe un mondo da coinvolgere…
Colombo – Tutte le scuole ricevono, ad ogni uscita di un nuovo numero, la notifica con il link, però all’indirizzo istituzionale, quindi non sappiamo, se aprono, chi legge; abbiamo poi nella mailing list parecchi insegnanti; inoltre, la rivista aveva già negli anni passati e ha mantenuto con il nuovo corso, un rapporto diretto con il liceo Spezia di Domodossola, per il tramite di alcuni insegnanti, che gestisce una rubrica in cui sono gli studenti a scrivere. Ci siamo posti il problema di un rapporto più ampio con la realtà scolastica provinciale, percepiamo la difficoltà, ma ci lavoriamo.
Zoldan – A me piacerebbe trovare che sia indicato il tempo necessario alla lettura di ogni articolo; molte pubblicazioni lo indicano e trovo sia una segnalazione utile.
Zocchi – Anche gli audio articoli sono molto comodi, un servizio utile che potrebbe, tra l’altro, agevolare chi ha problemi di vista. Si potrebbe realizzarli?
Brandini – È necessario disporre di qualche abile lettore, ma non credo sia complicato, sia qui a Domodossola che a Verbania ci sono gruppi che fanno teatro. Si potrebbe fare qualche esperimento per capire l’apprezzamento.
Colombo – Ci avete preceduto, perché una domanda che avevamo in serbo riguarda proprio i suggerimenti in positivo, ma anche in negativo.
Zanotti – Non sono uno sperimentatore scatenato delle novità tecnologiche, ma trovo che il podcast sia una comodità, la possibilità d’ascolto anche facendo altro. Può essere utile provare, magari individuando qualche argomento di vivo interesse locale.
Zocchi – Anche la riuscita esperienza del Forum penso possa essere ripresa, proprio come modalità utile a suscitare confronti e dialogo su temi importanti.
Negroni – Quella è stata quasi un’esigenza, di fronte all’importanza di una normativa che rappresenta una grande occasione di valorizzazione del terzo settore nei rapporti con la pubblica amministrazione, abbiamo pensato che limitarsi a proporre qualche articolo fosse troppo riduttivo. Ci siamo detti che il compito di una rivista come questa doveva essere spingersi più in là, non scrivere, ma concretamente farsi promotori di un’iniziativa che favorisse un dialogo e un impegno reciproco tra gli attori. E questo può essere vero e utile anche per qualche altra situazione: attivamente promuovere, non solo scrivere.
Colombo – Questa modalità di tavola rotonda, che non avviene di fronte a un pubblico che ascolta e vede, è più efficace, perché mancano ai partecipanti le sollecitazioni alla spettacolarizzazione, al protagonismo, ad alzare i toni e favorisce invece un andamento più riflessivo e dialogante. L’esperienza fatta ha ben evidenziato questi vantaggi, l’incontro è stato positivo e interessante e l’obiettivo minimo che ci eravamo assegnati di “far parlare tra loro” è stato superato per giungere a un più alto “individuare insieme i temi, le materie” che potranno essere oggetto di coprogettazione e di coprogrammazione. Una bella esperienza che contiamo di ripetere, come pure quella di questo focus di ascolto e dialogo.
Negroni – Approfitto di questa intrusione della redazione mettendo sul tavolo un’altra questione. Come detto all’inizio, vogliamo rivolgerci a quel mondo che in provincia opera nel sociale, cioè a una platea vasta e composita, escludiamo perciò a priori la possibilità di produrre numeri della rivista monografici, perché inevitabilmente mirati a interessi circoscritti che rischierebbero di escludere buona parte dei lettori. Ma tra l’opzione monografica e quella generalista (uno spezzatino che accontenti un po’ tutti) ci può stare una formula che presenti una tematica guida per un nucleo limitato di articoli, mantenendo l’eterogeneità per il resto del numero. È quello che già si è fatto appunto negli ultimi due numeri con i temi della valorizzazione del terzo settore e della sanità. Pensate sia una formula che funziona?
Zanotti – Si, è un problema reale, però, disponendo di temi adatti, come quelli usati nei due casi precedenti, la modalità del tema caratterizzante rappresenta un punto di equilibrio avanzato fra la rivista eterogenea, che rischia di rimanere sempre alla superficie dei problemi e quella monografica che può scavarne a fondo solo uno, quindi penso sia una scelta da mantenere.
Zoldan – Importante è mantenere quello che rappresenta il senso profondo della rivista, cioè l’attenzione ai contesti, al territorio, mantenere l’idea del lavoro sociale legato agli ambienti in cui i problemi e le risposte ai problemi si generano.
Negroni – Fino a oggi noi di Alternativa non abbiamo concentrato l’attenzione sull’associazionismo, che appare come una realtà diffusa e, in molti casi, solida, ma molto parcellizzata, priva di quei collegamenti e raccordi che sono invece stati creati nel mondo cooperativistico del territorio.
Brandini – Riprendo lo spunto emerso a proposito delle attività del Centro Servizi Territoriali il cui compito potrebbe essere, oltre al sostegno materiale e alla consulenza a singole associazioni, collante e luogo di scambio delle realtà associative, dare spazio a confronto e conoscenza reciproca tra le associazioni e nuove collaborazioni; invece queste occasioni si limitano a iniziative di formazione, pure importanti, ma che si limitano al contingente.
Zocchi – L’esperienza che ho avuto con il Centro Servizi Territoriali è stata anche per me molto positiva, un’accoglienza e una disponibilità veramente inusuali, però concentrate solo sulla risposta alle concrete necessità espresse.
Zanotti – Il Centro Servizi Territoriali ha una rubrica periodica alla televisione locale ed è forse questa l’unica occasione che il cittadino medio della provincia ha di sapere della sua esistenza; certo altra cosa è per chi, vivendo l’associazionismo, frequenta quella sede per i bisogni di cui voi avete detto. Forse questa carenza che noi rileviamo non fa parte dei compiti istituzionali di quell’ente; forse questo compito avrebbe potuto esercitarlo un ente territoriale come la Provincia, non tanto nell’attuale fase di stentata sopravvivenza, quanto prima, nella pienezza di ruoli e poteri, poteva essere stimolata a ricoprire il compito di promuovere la conoscenza e il coordinamento del volontariato.
Colombo – Secondo me c’è anche una debolezza delle associazioni, spesso chiuse nel fare al meglio ciò che la loro mission chiede. Sembra quasi un dato connaturato alla fisionomia dell’associazione, un dato strutturale, forse dettato anche dai limiti delle forze e delle risorse di cui un’associazione di solito dispone.
Zanotti – In più occasioni si è cercato di favorire l’integrazione. Chi aveva la responsabilità politica del governo della città coglieva la necessità di valorizzare certe esperienze in modo che potessero costituire un valore aggiunto rispetto alla semplice somma del valore portato da ciascuno. Ci vuole, però, il soggetto che abbia l’autorevolezza, la riconoscibilità, l’investitura per fare un’operazione che forza una certa tendenza isolazionista delle associazioni. Non pare, però, che oggi sia questo un tema all’ordine del giorno nelle nostre città e, meno che mai, nell’intero territorio provinciale, perché le politiche di area vasta richiedono una sinergia sovracomunale che oggi non c’è.
Brandini – Quello che esiste è un data-base che costituisce un po’ l’anagrafe dell’associazionismo provinciale, compilato e disponibile in rete nel portale del Centro Servizi Territoriali.
Colombo – Il problema è che il volontariato è molto frazionato, disperso in molteplici nuclei, spesso piccoli o molto piccoli, difficili da raggiungere, spesso anche solo da conoscere, da individuare. Una situazione del tutto diversa da quella che caratterizza l’altra componente del terzo settore, le cooperative sociali, che nel VCO non superano la quindicina.
Brandini – Un modo per tentare forme di raccordo può essere l’aggregazione su temi o progetti specifici, come è capitato a noi dell’associazione Alternativa A con Il salotto del lunedì. Si è costruito un raccordo tra noi, la Pro-senectute di Omegna e il comune di Casale Corte Cerro per un servizio riguardante la fase di prosecuzione del progetto “La cura è di casa”.
Zoldan – Non è stata presa in considerazione la possibilità che la rivista possa avere uno spazio per giovani, magari gestito da loro?
Colombo – Come detto, abbiamo una rubrica affidata a una scuola nella quale scrivono i ragazzi. Proprio in questi giorni, poi, incominciando a pensare come impostare il terzo numero della rivista, che uscirà a settembre (eh sì, ci si porta avanti) si ipotizzava che il tema conduttore potrebbe essere il disagio giovanile, problematica oggi acutamente avvertita ed emersa pure con forza dai C.I.I.S. del VCO nel recente Forum del terzo settore.
Zocchi – Sì, è forse un mondo non facile da accostare, ma, nei giorni scorsi al teatro Maggiore di Verbania, durante l’incontro con il direttore e i giornalisti de La Stampa, un ragazzino di dodici anni si è presentato come direttore del giornale della scuola media Ranzoni. Ecco, forse il contatto potrebbe avvenire più facilmente con piccole realtà organizzate come questa.
Zanotti – Anche al liceo Cavalieri in passato esisteva una pubblicazione studentesca, ma ormai da molto non c’è più. È però vero che oggi i giovani sono anche quantitativamente meno, molto pochi sull’insieme della società e meno abituati a manifestare pubblicamente e collettivamente i propri bisogni, a differenza dei tempi in cui erano ben più numerosi, visibili e “rumorosi”, e le situazioni di marginalità risultavano meno visibili di quanto lo siano oggi all’opinione pubblica. Oggi la componente giovanile è ben visibile a chi con loro lavora, come gli insegnanti, ma molto meno al resto della società, perché, oltre che pochi, non si manifestano come soggetto collettivo e ciò che di loro appare con più rilievo sono condizioni di disagio viste e vissute però nella dimensione individuale, non collettiva.
Colombo – Il disagio giovanile è oggi individualizzato e perciò più sofferto, non più collettivizzato come accadeva in passato e, inoltre, è quantitativamente molto cresciuto, come testimoniano coloro che lavorano nei settori sociosanitari dell’assistenza e della cura.
Zanotti – Proprio il fatto che oggi i migliori conoscitori dei disagi del mondo giovanile siano i servizi sociosanitari, e i CIIS in particolare, testimonia l’avvenuta patologizzazione del fenomeno.
Negroni – D’altra parte, non esistono oggi in questo Paese gruppi sociali che collettivamente facciano emergere, anche in modo conflittuale, i propri disagi o i propri bisogni. È una società frammentata, parcellizzata, atomizzata; la protesta si fa lamento o invettiva, si polverizza nelle recriminazioni domestiche e nei bar.
Zocchi – In tema di associazionismo, anche il carcere presenta problematiche che meritano attenzione. Nella Casa Circondariale di Verbania opera ancora l’associazione Camminare Insieme che, tra l’altro, qualche tempo fa, aveva avviato l’esperimento di un giornale interno che è durato due anni, ma non è mai stato possibile pubblicarlo anche all’esterno per la mancanza di un direttore responsabile. Nel caso riuscissimo a riprendere l’iniziativa, sarebbe bello, anche per dimostrare a chi scrive un’attenzione dell’esterno alla loro situazione e ai loro problemi, trovare qualche modalità di rapporto con Alternativa, ad esempio riservando loro una pagina tra le rubriche.
Brandini – Se non c’è altro da aggiungere, con quest’ultima speranza chiudiamo questo incontro. Vi ringraziamo per l’amicizia e per questo scambio di opinioni e di idee.
Partecipanti al Focus svoltosi nella sede di Casa don Gianni di Domodossola giovedì 20 aprile 2023.
Claudio Zanotti, politico verbanese, titolare del blog VerbaniaSettanta; già insegnante del Liceo Cavalieri, amministratore pubblico e sindaco di Verbania negli anni 2004-09;
Maria Pia Zocchi, docente di lingua italiana a studenti internazionali, attiva in varie realtà del volontariato verbanese, già docente all’I.I.S. Cobianchi e ai suoi corsi di Maxi Sperimentazione;
Raffaella Zoldan, Vice presidente del C.I.I.S. Ossola, legata fin dalle origini all’associazione Alternativa A di cui ha coordinato in passato la redazione della rivista e per la redazione di Alternativa: Samantha Brandini, Maurizio Colombo e Roberto Negroni.
Immagine di freepik
Abbiamo chiesto a un piccolo gruppo di lettori di sedersi con noi intorno a un tavolo per un confronto, innanzi tutto un ascolto, per una prima occasione di verifica del primo anno di pubblicazioni di “Alternativa”. Vedendo i nomi dei convenuti, qualcuno dirà “avete cominciato dal fondo del registro!”, già… il caso. Quello che segue è il resoconto sintetico di questo incontro.
Negroni – È passato più di un anno da quando è nata la nuova Alternativa. È tempo di avviare un percorso che provi ad accertare l’utilità di quanto stiamo pubblicando. I dati quantitativi del sistema di monitoraggio degli accessi al sito ci danno un riscontro abbastanza positivo. Occorre, però, qualcosa di più solido, cioè comprendere la coerenza che il risultato possiede con i presupposti di partenza, verificare che l’offerta incontri l’ipotetico bisogno di conoscenza dei destinatari.
All’origine di questa impresa stanno due scelte. La prima consiste nella platea, dei destinatari, a cui vogliamo rivolgerci: chi lavora, opera o è anche solo interessato all’ambito del sociale, con una priorità per chi si misura con le aree più difficili, il mondo del disagio, della marginalità, delle povertà. La seconda è la scelta del come approcciarsi alla platea dei potenziali lettori, differenziandosi dalla pubblicistica e dall’editoria di settore già esistenti, individuata nel tentare di rispondere al bisogno di connessione dell’azione e dell’intervento in campo sociale con il contesto, con l’ambiente in cui si esplica; l’importanza della conoscenza degli scenari, degli sfondi, dei territori, delle loro dinamiche, degli attori che vi operano.
Colombo – Partiamo, allora, con una domanda, la più semplice, più aperta: voi che la leggete, cosa pensate della rivista? E lasciamo per il prosieguo eventuali altre domande più mirate.
Zoldan – Sono legata da tempo a questa associazione, con fasi più o meno intense, ma lo sguardo su questa realtà l’ho sempre mantenuto. Ho seguito la rivista dal 2004/2005 fino al 2010 come coordinatrice del gruppo di redazione. In quel periodo c’è stato un primo cambiamento. Inizialmente, la rivista è nata come strumento di diffusione della realtà dell’associazione e delle cooperative da essa nate, di legame tra gli aderenti, peccava un po’ di autoreferenzialità. Quel primo cambiamento è consistito nell’allargare i contenuti della rivista. Ora mi trovo davanti a un nuovo cambiamento che vedo proprio come una evoluzione: nuove tecnologie e lettura on line che sono adeguate ai tempi e uno stimolo a familiarizzare con queste nuove modalità, anche per il valore di scelta ecologica del risparmio della carta e, comunque, il mantenimento del formato cartaceo come possibile scelta per il piccolo gruppo di vecchi abbonati legati a quel formato.
Il riferimento al sociale e al terzo settore emerge chiaramente, in coerenza con la scelta operata dalla redazione, e lo ritrovo legato in modo molto favorevole all’intero territorio provinciale, uscendo dall’originario guscio ossolano e promuovendo una visione unitaria di un territorio troppo spesso diviso. Ho apprezzato gli articoli scritti dai direttori dei tre Consorzi dei Servizi Sociali, forse perché sono vicepresidente del C.I.I.S. Ossola; anche perché si stanno svolgendo attività in coprogrammazione e coprogettazione nei e tra i tre Consorzi. Ho notato un equilibrio tra gli aspetti nuovi e quelli tradizionali della rivista: ad esempio, il mantenimento di alcune parti, come le vecchie rubriche (viaggi, cinema, ecc.) fa dell’attuale cambiamento un momento di evoluzione della precedente esperienza e non di rottura. Apprezzo l’impaginazione e la grafica, che sono accattivanti e aiutano la lettura; le firme sono attrattive. Non noto criticità, quindi i risultati di questo primo anno, in relazione all’impostazione scelta, mi sembrano soddisfacenti.
Zanotti – Avevo una conoscenza solo indiretta della rivista, anche se la notorietà dell’associazione e delle sue cooperative ne garantivano la rilevanza, ma la circolazione solo ossolana limitava le possibilità di accesso a qualche occasione dettata da qualche mio impegno amministrativo a livello provinciale. Il passaggio al formato digitale, che ha spalancato il potenziale di diffusione, e le notifiche di pubblicazione che si ricevono hanno favorito anche la sistematicità di approccio, che questo formato agevola anche rispetto ai contenuti che risultano più liberamente accostabili, favorendo la diffusione tra un pubblico di lettori digitali ormai abituati a modalità di assunzione dei contenuti diverse da quelle del lettore cartaceo. Il prodotto mi pare buono e accattivante, si vede che ha un suo valore non solo nei contenuti, ma anche come oggetto virtuale nell’impaginazione, nella grafica, nel corredo iconografico, nel ricorso ai link che permette e stimola approfondimenti e digressioni.
La mia lettura è selettiva, come penso per la maggior parte dei lettori: cerco le cose che più direttamente e per le più varie ragioni mi interessano, magari con una prima scorsa e poi una lettura più attenta dove maggiore è il richiamo dell’interesse o della curiosità per il tema o l’autore; ad esempio, con un autore come Giannino Piana non si lascia mai niente di non letto, e penso che questo non valga solo per me. Per altri articoli ho magari meno interesse, come, sempre ad esempio, per la rubrica dei viaggi, perché – la faccio un po’ lunga – contrasta con il mio ideale di vita, io sono un teorizzatore della dissipazione morale del viaggiare, sono per la stabilità loci della tradizione benedettina: c’è un ovile e devi vivere in quel posto senza andare mai via. In conclusione, penso che il 60/70% delle pagine della rivista venga letto, magari non di getto, ma con ritorni successivi. Diverso è il problema dell’effettiva ricaduta sul territorio: la diffusione quantitativa (1.200/1.300 notifiche inviate e una media di 500 aperture singole o ripetute per numero) è abbastanza consistente, ma ha forse margini di incremento. Non mi è però mai capitato di sentir citare o richiamare questa rivista in momenti di incontro pubblico, forse anche perché si è indebolita nel tempo quella stimolante dialettica tra soggetti collettivi della società civile e attori della politica e dell’amministrazione pubblica.
Colombo – Nella mailing list sono presenti, oltre a indirizzi nominativi, tutti gli enti e le istituzioni riferibili all’ambito del sociale: comuni e amministrazioni pubbliche, C.I.I.S., Centro Servizi Territoriali, enti, istituzioni e cooperative del terzo settore, associazioni di volontariato, A.S.L-V.C.O., istituti scolastici.
Zocchi – Non conoscevo prima questa rivista, la mia conoscenza si basa quindi sui quattro numeri del nuovo corso che ho trovato molto interessanti perché il fatto che analizzino, studino e riflettano della realtà provinciale è un valore; poche sono queste occasioni. Anch’io non leggo integralmente, però trovo molto interessanti lo sguardo sociologico, gli spunti di riflessione e di ricerca sulla realtà locale che altrove non si trovano. Mi è sembrata molto interessante l’iniziativa di realizzare un Forum, cioè un incontro e confronto, con i protagonisti istituzionali e del terzo settore, il cui resoconto rimane leggibile in rete, un’occasione importante, un collante, per stimolare la discussione di importanti problemi in un territorio piuttosto disgregato. Questa può essere un’idea da riprendere in altre occasioni. Un aspetto che potenzierei è l’ascolto delle varie realtà di volontariato; ad esempio, per conto di un’associazione sono entrata in contatto con il Centro Servizi Territoriali di cui non conoscevo l’esistenza, e mi ha colpito la disponibilità a supportare i bisogni delle associazioni, che però operano quasi sempre senza connessioni con altre presenti nel territorio; manca un’azione di raccordo, di messa in rete, che possa produrre sinergie. Trovo la grafica molto piacevole e accattivante, nel complesso è una rivista ben fatta. Anche la scuola sarebbe un mondo da coinvolgere…
Colombo – Tutte le scuole ricevono, ad ogni uscita di un nuovo numero, la notifica con il link, però all’indirizzo istituzionale, quindi non sappiamo, se aprono, chi legge; abbiamo poi nella mailing list parecchi insegnanti; inoltre, la rivista aveva già negli anni passati e ha mantenuto con il nuovo corso, un rapporto diretto con il liceo Spezia di Domodossola, per il tramite di alcuni insegnanti, che gestisce una rubrica in cui sono gli studenti a scrivere. Ci siamo posti il problema di un rapporto più ampio con la realtà scolastica provinciale, percepiamo la difficoltà, ma ci lavoriamo.
Zoldan – A me piacerebbe trovare che sia indicato il tempo necessario alla lettura di ogni articolo; molte pubblicazioni lo indicano e trovo sia una segnalazione utile.
Zocchi – Anche gli audio articoli sono molto comodi, un servizio utile che potrebbe, tra l’altro, agevolare chi ha problemi di vista. Si potrebbe realizzarli?
Brandini – È necessario disporre di qualche abile lettore, ma non credo sia complicato, sia qui a Domodossola che a Verbania ci sono gruppi che fanno teatro. Si potrebbe fare qualche esperimento per capire l’apprezzamento.
Colombo – Ci avete preceduto, perché una domanda che avevamo in serbo riguarda proprio i suggerimenti in positivo, ma anche in negativo.
Zanotti – Non sono uno sperimentatore scatenato delle novità tecnologiche, ma trovo che il podcast sia una comodità, la possibilità d’ascolto anche facendo altro. Può essere utile provare, magari individuando qualche argomento di vivo interesse locale.
Zocchi – Anche la riuscita esperienza del Forum penso possa essere ripresa, proprio come modalità utile a suscitare confronti e dialogo su temi importanti.
Negroni – Quella è stata quasi un’esigenza, di fronte all’importanza di una normativa che rappresenta una grande occasione di valorizzazione del terzo settore nei rapporti con la pubblica amministrazione, abbiamo pensato che limitarsi a proporre qualche articolo fosse troppo riduttivo. Ci siamo detti che il compito di una rivista come questa doveva essere spingersi più in là, non scrivere, ma concretamente farsi promotori di un’iniziativa che favorisse un dialogo e un impegno reciproco tra gli attori. E questo può essere vero e utile anche per qualche altra situazione: attivamente promuovere, non solo scrivere.
Colombo – Questa modalità di tavola rotonda, che non avviene di fronte a un pubblico che ascolta e vede, è più efficace, perché mancano ai partecipanti le sollecitazioni alla spettacolarizzazione, al protagonismo, ad alzare i toni e favorisce invece un andamento più riflessivo e dialogante. L’esperienza fatta ha ben evidenziato questi vantaggi, l’incontro è stato positivo e interessante e l’obiettivo minimo che ci eravamo assegnati di “far parlare tra loro” è stato superato per giungere a un più alto “individuare insieme i temi, le materie” che potranno essere oggetto di coprogettazione e di coprogrammazione. Una bella esperienza che contiamo di ripetere, come pure quella di questo focus di ascolto e dialogo.
Negroni – Approfitto di questa intrusione della redazione mettendo sul tavolo un’altra questione. Come detto all’inizio, vogliamo rivolgerci a quel mondo che in provincia opera nel sociale, cioè a una platea vasta e composita, escludiamo perciò a priori la possibilità di produrre numeri della rivista monografici, perché inevitabilmente mirati a interessi circoscritti che rischierebbero di escludere buona parte dei lettori. Ma tra l’opzione monografica e quella generalista (uno spezzatino che accontenti un po’ tutti) ci può stare una formula che presenti una tematica guida per un nucleo limitato di articoli, mantenendo l’eterogeneità per il resto del numero. È quello che già si è fatto appunto negli ultimi due numeri con i temi della valorizzazione del terzo settore e della sanità. Pensate sia una formula che funziona?
Zanotti – Si, è un problema reale, però, disponendo di temi adatti, come quelli usati nei due casi precedenti, la modalità del tema caratterizzante rappresenta un punto di equilibrio avanzato fra la rivista eterogenea, che rischia di rimanere sempre alla superficie dei problemi e quella monografica che può scavarne a fondo solo uno, quindi penso sia una scelta da mantenere.
Zoldan – Importante è mantenere quello che rappresenta il senso profondo della rivista, cioè l’attenzione ai contesti, al territorio, mantenere l’idea del lavoro sociale legato agli ambienti in cui i problemi e le risposte ai problemi si generano.
Negroni – Fino a oggi noi di Alternativa non abbiamo concentrato l’attenzione sull’associazionismo, che appare come una realtà diffusa e, in molti casi, solida, ma molto parcellizzata, priva di quei collegamenti e raccordi che sono invece stati creati nel mondo cooperativistico del territorio.
Brandini – Riprendo lo spunto emerso a proposito delle attività del Centro Servizi Territoriali il cui compito potrebbe essere, oltre al sostegno materiale e alla consulenza a singole associazioni, collante e luogo di scambio delle realtà associative, dare spazio a confronto e conoscenza reciproca tra le associazioni e nuove collaborazioni; invece queste occasioni si limitano a iniziative di formazione, pure importanti, ma che si limitano al contingente.
Zocchi – L’esperienza che ho avuto con il Centro Servizi Territoriali è stata anche per me molto positiva, un’accoglienza e una disponibilità veramente inusuali, però concentrate solo sulla risposta alle concrete necessità espresse.
Zanotti – Il Centro Servizi Territoriali ha una rubrica periodica alla televisione locale ed è forse questa l’unica occasione che il cittadino medio della provincia ha di sapere della sua esistenza; certo altra cosa è per chi, vivendo l’associazionismo, frequenta quella sede per i bisogni di cui voi avete detto. Forse questa carenza che noi rileviamo non fa parte dei compiti istituzionali di quell’ente; forse questo compito avrebbe potuto esercitarlo un ente territoriale come la Provincia, non tanto nell’attuale fase di stentata sopravvivenza, quanto prima, nella pienezza di ruoli e poteri, poteva essere stimolata a ricoprire il compito di promuovere la conoscenza e il coordinamento del volontariato.
Colombo – Secondo me c’è anche una debolezza delle associazioni, spesso chiuse nel fare al meglio ciò che la loro mission chiede. Sembra quasi un dato connaturato alla fisionomia dell’associazione, un dato strutturale, forse dettato anche dai limiti delle forze e delle risorse di cui un’associazione di solito dispone.
Zanotti – In più occasioni si è cercato di favorire l’integrazione. Chi aveva la responsabilità politica del governo della città coglieva la necessità di valorizzare certe esperienze in modo che potessero costituire un valore aggiunto rispetto alla semplice somma del valore portato da ciascuno. Ci vuole, però, il soggetto che abbia l’autorevolezza, la riconoscibilità, l’investitura per fare un’operazione che forza una certa tendenza isolazionista delle associazioni. Non pare, però, che oggi sia questo un tema all’ordine del giorno nelle nostre città e, meno che mai, nell’intero territorio provinciale, perché le politiche di area vasta richiedono una sinergia sovracomunale che oggi non c’è.
Brandini – Quello che esiste è un data-base che costituisce un po’ l’anagrafe dell’associazionismo provinciale, compilato e disponibile in rete nel portale del Centro Servizi Territoriali.
Colombo – Il problema è che il volontariato è molto frazionato, disperso in molteplici nuclei, spesso piccoli o molto piccoli, difficili da raggiungere, spesso anche solo da conoscere, da individuare. Una situazione del tutto diversa da quella che caratterizza l’altra componente del terzo settore, le cooperative sociali, che nel VCO non superano la quindicina.
Brandini – Un modo per tentare forme di raccordo può essere l’aggregazione su temi o progetti specifici, come è capitato a noi dell’associazione Alternativa A con Il salotto del lunedì. Si è costruito un raccordo tra noi, la Pro-senectute di Omegna e il comune di Casale Corte Cerro per un servizio riguardante la fase di prosecuzione del progetto “La cura è di casa”.
Zoldan – Non è stata presa in considerazione la possibilità che la rivista possa avere uno spazio per giovani, magari gestito da loro?
Colombo – Come detto, abbiamo una rubrica affidata a una scuola nella quale scrivono i ragazzi. Proprio in questi giorni, poi, incominciando a pensare come impostare il terzo numero della rivista, che uscirà a settembre (eh sì, ci si porta avanti) si ipotizzava che il tema conduttore potrebbe essere il disagio giovanile, problematica oggi acutamente avvertita ed emersa pure con forza dai C.I.I.S. del VCO nel recente Forum del terzo settore.
Zocchi – Sì, è forse un mondo non facile da accostare, ma, nei giorni scorsi al teatro Maggiore di Verbania, durante l’incontro con il direttore e i giornalisti de La Stampa, un ragazzino di dodici anni si è presentato come direttore del giornale della scuola media Ranzoni. Ecco, forse il contatto potrebbe avvenire più facilmente con piccole realtà organizzate come questa.
Zanotti – Anche al liceo Cavalieri in passato esisteva una pubblicazione studentesca, ma ormai da molto non c’è più. È però vero che oggi i giovani sono anche quantitativamente meno, molto pochi sull’insieme della società e meno abituati a manifestare pubblicamente e collettivamente i propri bisogni, a differenza dei tempi in cui erano ben più numerosi, visibili e “rumorosi”, e le situazioni di marginalità risultavano meno visibili di quanto lo siano oggi all’opinione pubblica. Oggi la componente giovanile è ben visibile a chi con loro lavora, come gli insegnanti, ma molto meno al resto della società, perché, oltre che pochi, non si manifestano come soggetto collettivo e ciò che di loro appare con più rilievo sono condizioni di disagio viste e vissute però nella dimensione individuale, non collettiva.
Colombo – Il disagio giovanile è oggi individualizzato e perciò più sofferto, non più collettivizzato come accadeva in passato e, inoltre, è quantitativamente molto cresciuto, come testimoniano coloro che lavorano nei settori sociosanitari dell’assistenza e della cura.
Zanotti – Proprio il fatto che oggi i migliori conoscitori dei disagi del mondo giovanile siano i servizi sociosanitari, e i CIIS in particolare, testimonia l’avvenuta patologizzazione del fenomeno.
Negroni – D’altra parte, non esistono oggi in questo Paese gruppi sociali che collettivamente facciano emergere, anche in modo conflittuale, i propri disagi o i propri bisogni. È una società frammentata, parcellizzata, atomizzata; la protesta si fa lamento o invettiva, si polverizza nelle recriminazioni domestiche e nei bar.
Zocchi – In tema di associazionismo, anche il carcere presenta problematiche che meritano attenzione. Nella Casa Circondariale di Verbania opera ancora l’associazione Camminare Insieme che, tra l’altro, qualche tempo fa, aveva avviato l’esperimento di un giornale interno che è durato due anni, ma non è mai stato possibile pubblicarlo anche all’esterno per la mancanza di un direttore responsabile. Nel caso riuscissimo a riprendere l’iniziativa, sarebbe bello, anche per dimostrare a chi scrive un’attenzione dell’esterno alla loro situazione e ai loro problemi, trovare qualche modalità di rapporto con Alternativa, ad esempio riservando loro una pagina tra le rubriche.
Brandini – Se non c’è altro da aggiungere, con quest’ultima speranza chiudiamo questo incontro. Vi ringraziamo per l’amicizia e per questo scambio di opinioni e di idee.
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