Villadossola, estremo Nord del Piemonte al confine con la Svizzera, piccolo paese dall’imponente impronta industriale: 5.800 abitanti e cinque fabbriche, per un totale di circa 2.500 dipendenti.
È l’8 settembre 1943, Armistizio: l’Italia è nel caos, la popolazione di Villadossola e i suoi operai sono di chiara tradizione antifascista e comunista e il clima si fa sempre più teso, tanto che iniziano a formarsi i primi nuclei di resistenza armata per scacciare gli “oppressori”.
I mesi di settembre e ottobre sono un fermento di attività segrete e di contatti con nascenti formazioni partigiane del milanese, si cercano armi e munizioni di ogni tipo per prepararsi all’azione.
La mattina dell’8 novembre 1943 un gruppo di giovani, spinti dalla foga attivista dei gruppi d’azione milanesi, decide di passare all’azione. Sono una cinquantina gli uomini che alle 10:30 si muovono verso gli obiettivi che hanno individuato: vengono occupate le fabbriche, le caserme di Carabinieri e Finanza e si tagliano i fili delle telecomunicazioni, operai e popolazione si uniscono all’azione che assume così i contorni di una vera propria rivolta.
Cresce nel cuore dei rivoltosi la convinzione che gli alleati faranno presto la loro comparsa per unirsi al fronte di liberazione.
Al comando nazista di Domodossola giunge voce dell’insurrezione e viene organizzato un contrattacco per sedare la rivolta: si svolge un violentissimo scontro a fuoco che non risparmia vite su entrambi i fronti, ma i tedeschi sono costretti alla ritirata.
Un gruppo di ribelli, che aveva il compito di attaccare il comando di Antrona, rientra trionfante con alcuni prigionieri tedeschi; una colonna armata che sta raggiungendo la città viene respinta con le armi.
Il bilancio della giornata è pesante, si contano vittime e feriti su entrambi i fronti, nonostante tutto il giubilo pervade la popolazione ma l’illusione è breve: la mattina del 9 novembre i tedeschi si organizzano e rispondono al fuoco bombardando Villadossola con tre aerei Junker, uccidendo dei civili.
Lo shock è enorme, la resistenza degli insorti è spazzata via, colonne di militi fascisti e tedeschi invadono la città: 10 persone, reputate i principali responsabili della rivolta, vengono arrestate, interrogate, torturate e poi fucilate.
Ma ai tedeschi non basta, vogliono i nomi di tutti i partecipanti e di chi li ha aiutati: continua così una “caccia ai ribelli” che il 24 e 25 novembre, complice una delazione, porterà all’arresto di altre persone facenti parte dell’insurrezione armata… alcuni di loro andranno a rimpolpare la triste conta delle fucilazioni, altri invece verranno spediti in Germania, nei campi di concentramento.
L’insurrezione di Villadossola rappresenta una pagina poco nota, ma molto importante della storia italiana, un evento che ha diviso gli storici in due linee di pensiero, tra chi condannò l’impulsività del gesto, costato troppe vite umane e chi lo giudicò come il primo vero tentativo di rivolta contro “gli oppressori”, come la scintilla che diede inizio alla lotta partigiana.
Il progetto “8.11.34 La Scintilla” nasce dal desiderio del regista, Marzio Bartolucci, di dare vita ad un evento tragico ma importante della storia ossolana e della sua città: Villadossola. L’insurrezione dell’8 novembre è di fatti un momento ancora vivo nella memoria dei cittadini ma non così conosciuto fuori dai confini della città, nonostante il profondo significato che comprende. Lutea Produzioni nasce proprio con questo desiderio: tenere viva la memoria del passato, la nostra storia, la storia di un luogo, l’Ossola, che pullula di tradizioni ed eventi che troppo spesso hanno rischiato di restare sotto traccia: il loro significato però è troppo grande perché questo accada. Voci del passato bussano alla porta per essere ascoltate: testimoni diretti o indiretti, storici, famigliari, foto di repertorio, archivi… Lutea vuole essere un megafono attraverso il quale condividere passi significativi che ci hanno permesso, oggi, di essere chi siamo: ossolani con coscienza e desiderio di scavare, far rivivere i ricordi e mantenere viva la memoria.
Il progetto inizia a prendere forma coinvolgendo Carlo Squizzi, autore del libro omonimo, “8.11.43 La Scintilla” edito da La Pagina di Villadossola: negli anni Squizzi ha raccolto materiale, testimonianze, foto e lettere di chi quegli eventi li ha vissuti, di chi ha imbracciato le armi in nome della libertà, andando a rimpolpare di anno in anno le informazioni per riuscire a creare un quadro più completo possibile di quella tragica giornata. È stato, usando le parole dell’autore, un vero e proprio puzzle: negli anni Quaranta la comunicazione non viaggiava come ai giorni nostri, niente televisione H24 o social media, le informazioni passavano di bocca in bocca, sottovoce e nemmeno i protagonisti di quell’8 novembre, all’epoca, erano a conoscenza di tutte le fasi del piano: l’euforia del momento ha preso il sopravvento e ognuno ha agito seguendo l’impulso, l’intuito, il cuore.
Coordinati dal regista Bartolucci, l’autore e la giornalista Arianna Giannini hanno lavorato fianco a fianco per fare forma a questo documentario, fare ricerca, scovare le fonti e ascoltare le voci.
Si tratta di un lavoro lungo che necessita molta attenzione e passione; creare un’opera audio-visiva di una tematica poco esplorata è un’arma a doppio taglio: se da una parte risulta intrigante e interessante poiché il materiale esistente non è così copioso, quindi gli autori possono avvalersi di un interesse più diffuso sull’argomento, dall’altra è più difficile riuscire a mettere in scena una storia che troppo poco è stata documentata. Per questo la fase iniziale, di ricerca, risulta essere in assoluto la più complessa e importante.
Una volta individuate le voci, è tempo di organizzare le interviste: l’esperienza maturata dalla giornalista Giannini ha fatto sì che la scaletta delle domande seguisse un ordine ben preciso, così da facilitare gli intervistati ma un’intervista non è affatto un “essere inerte”, anzi! Le interviste sono fluide poiché hanno l’intento di insinuarsi e conoscere i pensieri e le informazioni dell’essere meno prevedibile del mondo: l’uomo. Un’intervista è un viaggio, è condivisione, curiosità, fame di sapere ma c’è da tenere sempre ben presente il punto dove si desidera approdare, è necessario tenere la bussola dritta per non perdere la rotta. La disciplina salva ogni intervista.
Portato a casa il risultato, in media una nostra intervista durava circa un’ora e mezza, è tempo di sbobinare: trascrivere tutte le interviste e iniziare a comporre il puzzle, scegliere le dichiarazioni, le intonazioni, mettere in ordine, prima su carta e poi su monitor. La selezione degli argomenti è faticosa perché spesso gran parte dell’intervista risulta molto interessante ma, ancora una volta, bisogna restare focalizzati sull’obiettivo: cosa voglio dire? Qual è la mia storia?
Perché un documentario altro non è che il raccontare una storia.
Ci sono ancora numerose altre fasi dopo che la struttura preliminare è stata creata, ma non vogliamo tediarvi con la parte noiosa!
Siamo di certo stati grati di aver avuto l’occasione di raccontare la storia dell’insurrezione dell’8 novembre 43, perché è importante, perché è necessario e perché avvalersi dei nuovi media è di certo un’occasione per provare ad avvicinarsi alle nuove generazioni che spesso restano all’oscuro di quanto sia successo ai loro antenati, che spesso non sanno che la libertà di cui possiamo avvalerci oggi altro non è che una conquista fatta con i denti e col sangue.
Diario di Bordo è la Newsletter periodica di Alternativa A… in cui è possibile approfondire e analizzare le tematiche relative all’associazionismo provinciale, le ultime notizie e le anteprime.
© Alternativa A • Casa Don Gianni | Via dell’Artigianato, 13 | 28845 | P.Iva 00984480038 | alternativa-a@legalmail.it | Domodossola (VB) | Privacy Policy | Cookie Policy