Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo rappresenta una grave violazione della dignità e dei diritti di milioni di lavoratori in Italia e nel mondo. Dalla manodopera impiegata illegalmente in agricoltura, al lavoro sommerso nei settori edile e dei servizi, sono soprattutto le persone più vulnerabili, come i migranti, a essere colpite. Il progetto Common Ground nasce proprio per affrontare queste problematiche, unendo forze e risorse a livello interregionale.
L’obiettivo del progetto è prevenire e contrastare le distorsioni del mercato del lavoro, come il caporalato e lo sfruttamento, attraverso interventi di protezione sociale e la creazione o il rafforzamento di collaborazioni tra istituzioni pubbliche e private. Promuovendo la legalità e un lavoro dignitoso, Common Ground si propone di sostenere le vittime e creare un sistema più equo e inclusivo per tutti.
Il lavoro irregolare e lo sfruttamento sono fenomeni diffusi in tutte le regioni d’Italia, con un impatto particolarmente significativo in settori come l’agricoltura. Tuttavia, anche in altri ambiti e in territori che sembrerebbero meno esposti, esistono realtà sommerse che richiedono l’intervento di forze sociali sul campo. Common Ground è stato avviato nell’ottobre 2022 per rispondere a questa esigenza, con finanziamenti dai programmi europei PON e POC Inclusione, sotto la direzione della Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il progetto risponde inoltre alla necessità di attuare le Linee-Guida nazionali per l’identificazione, protezione e assistenza delle vittime di sfruttamento lavorativo, elaborate dal Ministero del Lavoro. Queste linee-guida puntano a creare un meccanismo nazionale di riferimento, un sistema coordinato che consenta di aiutare le vittime a uscire da condizioni di lavoro disumano e riprendere il controllo delle proprie vite. Attraverso procedure condivise e standard di protezione, si intende rafforzare la fiducia delle vittime nelle istituzioni e ridurre la vulnerabilità di coloro che si trovano in condizioni precarie.
In Piemonte la necessità di un progetto come questo nasce da realtà già note, come per esempio quella del distretto ortofrutticolo del saluzzese, che è uno dei principali centri agricoli del Nord Italia, ma è purtroppo anche teatro di episodi di sfruttamento della manodopera stagionale. Qui, molti lavoratori migranti, provenienti principalmente dall’Africa subsahariana e dall’Asia, si trovano in condizioni di lavoro irregolare, spesso in insediamenti informali. Analogamente, zone come Canelli e l’Albese presentano situazioni simili di lavoro sommerso, nascoste dietro facciate legali. Il fenomeno però non si ferma ai territori maggiormente noti, e necessita di essere scoperto e analizzato anche in altre province della regione.
Common Ground coinvolge cinque regioni italiane: Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna, ciascuna già capofila di progetti contro la tratta di esseri umani nei propri territori. In Piemonte, il progetto si sviluppa in quattro ambiti territoriali (Nord per le province di Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Novara e Biella, Sud Ovest per la provincia di Cuneo, Sud Est per Asti e Alessandria e Torino e Città Metropolitana), ciascuno gestito da un gruppo di enti antitratta, come Liberazione e Speranza nel Nord Piemonte, insieme ad associazioni come Gruppo Abele e La Bitta, attive in particolare nel territorio del VCO.
Gli enti antitratta hanno un ruolo cruciale nel fornire assistenza diretta alle vittime e potenziali vittime di sfruttamento e nel coordinare le attività di prevenzione. La loro esperienza sul campo consente di intervenire in modo efficace, sfruttando le competenze già maturate nella gestione di casi di grave sfruttamento. Il progetto offre una presa in carico integrata garantendo alle vittime assistenza legale e sindacale e opportunità di reinserimento lavorativo grazie alla presenza nel partenariato dei Centri per l’Impiego e al coinvolgimento di altri enti quali i sindacati.
Common Ground si propone di raggiungere principalmente lavoratori vulnerabili, vittime o potenziali vittime di sfruttamento. Le azioni si concentrano su lavoratori e lavoratrici migranti, regolarmente soggiornanti in Italia, e impiegati in settori di lavoro ad alto rischio (come l’agricoltura, in particolare la raccolta di frutta e la viticoltura; il settore della logistica e dell’edilizia; la ristorazione e il turismo, e, marginalmente, i servizi alla persona e i lavori di cura).
Accanto a questi, altre persone vengono coinvolte in attività di outreach, cioè attività finalizzate alla sensibilizzazione e informazione collettiva, senza una vera e propria presa in carico da parte del progetto. Obiettivo di tali azioni è garantire che i lavoratori incontrati non solo abbiano la possibilità di accedere ad un sistema di protezione, ma siano anche informati sui propri diritti e sui servizi disponibili.
Il progetto si sviluppa su più fronti, con i seguenti obiettivi principali:
Un aspetto trasversale a tutti questi obiettivi è il lavoro in équipe multidisciplinare, che ha l’obiettivo di proporre ai destinatari di progetto un percorso unico e coerente, grazie alla presenza di professionisti di diversi ambiti – legale, lavorativo, sindacale – che lavorano in sinergia.
Oltre a ciò, il progetto lavora anche per promuovere collaborazioni e accordi sui diversi territori con le istituzioni interessate dal fenomeno, come Prefetture, Questure, Ispettorati del lavoro, Forze dell’ordine, al fine di coordinare efficacemente interventi mirati.
Dal lancio del progetto, nell’ottobre 2022, fino ad oggi (ottobre 2024), Common Ground ha raggiunto migliaia di persone vulnerabili nelle diverse regioni coinvolte. Le immagini sottostanti mostrano i numeri raggiunti in Piemonte.
Il 12% delle persone incontrate presenta una qualche forma di vulnerabilità; le principali sono: l’analfabetismo; l’assenza di abitazione; la presenza di gravi malattie/infortuni e di vulnerabilità psichiche, e l’uso di sostanze. Sono presenti anche persone vittime di violenze e trattamenti inumani.
I dati raccolti finora ci raccontano una realtà regionale che si presenta con caratteristiche diverse e specifiche a seconda dei territori: province in cui il fenomeno è emerso prepotentemente, e dove è stato possibile agire in maniera massiccia, anche collaborando con numerosi attori del territorio investiti dal problema; e aree dove invece le attività di progetto necessitano di concentrarsi sull’emersione del fenomeno, e sul fare rete insieme alle istituzioni e agli enti del terzo settore.
I profili dei beneficiari di progetto ci dicono che principalmente si ha a che fare con uomini fra i 20 e i 40 anni, con provenienze molto diversificate. Le vulnerabilità incontrate, quando presenti, si impongono in maniera impellente, rendendo la presa in carico da parte degli enti di progetto complessa e faticosa (si pensi alla necessità di risolvere l’analfabetismo prima di iniziare con un percorso di inserimento lavorativo, al fine di garantire la sicurezza sul lavoro). Per quanto riguarda i permessi di soggiorno, il maggior numero di beneficiari sono richiedenti asilo, o comunque sono passati dalla procedura di richiesta di protezione internazionale: ciò pone l’accento sulle interconnessioni fra il sistema asilo e il fenomeno dello sfruttamento lavorativo. È quindi fondamentale la collaborazione non solo con gli enti che ospitano i richiedenti, ma anche con le istituzioni e le forze dell’ordine che gestiscono il percorso di regolarizzazione e di supporto per loro.
Nel complesso, in questi due anni il progetto ha fornito servizi di assistenza legale, sanitaria e sociale, migliorando le loro condizioni di vita e lavorative delle persone intercettate. Il lavoro svolto da Common Ground ha inoltre contribuito ad accrescere la consapevolezza sul fenomeno dello sfruttamento lavorativo, sensibilizzando l’opinione pubblica e stimolando interventi concreti a livello territoriale.
A Domodossola c’è uno sportello gestito da La Bitta. Si trova in Via dell’Artigianato 13, presso la Casa don Gianni, ed è aperto dal lunedì al venerdì dalle 09:00 alle 18:00.
A Verbania lo sportello, gestito da Gruppo Abele di Verbania, è in Largo Invalidi del Lavoro 3, ed è aperto il lunedì, il martedì e il giovedì dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 17:00.
Puoi anche scrivere all’indirizzo mail novara@trattapiemonte.it.
Per rimanere informato sul progetto e sui suoi sviluppi, consigliamo di consultare le seguenti pagine web:
https://piemonteimmigrazione.it/lp/commonground
https://piemonteimmigrazione.it/temi/sfruttamento-lavorativo
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