Magazine Alternativa A Numero 2
Anno 2024
Superamento della contenzione meccanica nei luoghi di cura: sogno o son desto?
17 Giugno 2024

“La contenzione frantuma ogni dimensione relazionale della cura, e fa ulteriormente soffrire esistenze lacerate dal dolore, e dall’isolamento; la contenzione scende come lacerante ghigliottina sulla loro vita psichica: ricolma di sensibilità e di fragilità, di nostalgia della vita e della morte” 
Eugenio Borgna 

«E mi no firmo» sono le parole pronunciate da Franco Basaglia il suo primo giorno di lavoro come direttore al manicomio di Gorizia, quando l’allora Ispettore capo della struttura, Michele Pecoraro, gli mostrò il registro delle contenzioni con iscritti i nomi degli internati che la notte precedente erano stati contenuti, ovvero costretti a letto: una prassi alla quale Basaglia si ribellò da subito, dando il via a una grande rivoluzione nel mondo della psichiatria italiana.

Oggi, nel 2024, di contenzioni ancora se ne parla: segnale positivo che indica come l’interesse non si sia spento verso un fenomeno che solitamente giunge all’attenzione dell’opinione pubblica solo quando, tristemente, si verifica la morte di una persona contenuta. 

Le contenzioni di cui si parla sono quello conosciute come contenzione meccanica, che si realizza attraverso dispositivi che limitano o controllano i movimenti, come bracciali di immobilizzazione, fasce di sicurezza per il letto e spondine. Benché siano applicate in tutti quei contesti in cui si ritiene che vi sia l’urgenza di impedire danni o lesioni che alterino l’integrità psico-fisica del paziente, o di altre persone, (come RSA, Pronto Soccorso, corsie d’emergenza, etc), l’approccio coercitivo è al centro del dibattito prevalentemente nel mondo della salute mentale. 

Ad oggi in Italia, come in diversi paesi europei, il ricorso alla contenzione fisica non è normato e disciplinato dalla legge, ma viene attuato secondo lo “stato di necessità”, inteso informalmente come un rischio per l’incolumità propria o altrui, pertanto finalizzata a tutelare la vita o la salute della persona stessa o di terzi. 

Cosa dice la Costituzione?

In questo contesto è doveroso citare come la Costituzione italiana, nel contesto degli articoli 2, 13 e 32, garantisca i diritti inviolabili dell’uomo, compresa la libertà personale e il diritto alla salute. Pertanto, la giurisprudenza ha stabilito che l’uso della contenzione debba essere giustificato da un reale pericolo di danno grave alla persona, valutato in modo dettagliato, e che essa non possa mai essere un intervento preventivo. 

Risulta evidente, quindi, come il tema delle contenzioni tocchi i diritti fondamentali dell’individuo che si trova a essere, in un certo momento della sua vita, un paziente psichiatrico: il diritto alla libertà, il diritto ad accettare o rifiutare i trattamenti medici, il divieto a subire trattamenti disumani o degradanti.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha criticato l’uso della contenzione come lesivo della dignità della persona e contrario ai principi di recupero della malattia e, con la sentenza del 2018 (in merito al caso di Franco Mastrogiovanni, degente di un reparto di psichiatria ospedaliero ove morì durante la sua contenzione), l’attuale giurisprudenza ha fissato i paletti sull’utilizzo dei mezzi di contenzione meccanica. Anche la “Determinazione Dirigenziale A1400A – Sanità e Welfare” affronta la pratica della contenzione nell’ambito sanitario, mirando a limitarne l’uso entro il 31 dicembre 2021.

Nello stesso anno, il tavolo tecnico per la salute mentale (istituito poi ufficialmente nel 2023 al fine del miglioramento della qualità dei percorsi di prevenzione, trattamento e riabilitazione a favore delle persone con disagio psichico, in tutte le fasce di età, e i loro familiari) predispone, a partire da contributi di istituzioni ed esperti, con il coordinamento dalla dottoressa Giovanna Del Giudice, presidente della Campagna Nazionale “…e tu slegalo subito”, il Provvedimento per il Superamento della contenzione meccanica in tutti i luoghi della salute mentale. 

Si tratta di un provvedimento di grande valenza etica, oltre che di indirizzo, e che risponde alle numerose sollecitazioni e raccomandazioni di vari enti e istituzioni. 

A fronte di ciò, il Ministero della Salute, con l’ex ministro Speranza, ha dato il via libera e trasmesso alle Regioni indicazioni specifiche per eliminare l’uso della contenzione meccanica nei servizi psichiatrici, stabilendo che avrebbe dovuto essere completamente abolita. In seguito, per concretizzare tali raccomandazioni, sono stati stanziati dei finanziamenti vincolati destinati ai progetti regionali volti a eliminare l’uso della contenzione meccanica inizialmente con scadenza al 31 dicembre 2022, poi prolungato fino a fine 2023. In ultima battuta la scadenza è slittata a fine 2024 in modo da permettere a tutte le Regioni di attuare le indicazioni e utilizzare i fondi a ciò destinati.

Il progetto verbanese

Anche all’interno dell’SPDC di Verbania ha preso il via tale progetto, grazie all’assunzione a progetto di un Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica ed un Educatore Professionale. Ad un anno dall’inizio del progetto, oltre a raccogliere dati puntuali per analizzare il fenomeno a livello statistico e quantitativo, con l’obiettivo finale di poter consegnare una relazione dettagliata alla Regione su quanto ottenuto in questo anno di intervento, molte sono le osservazioni raccolte che auspicabilmente potranno divenire solide linee guida per un cambiamento che, ci auguriamo, possa divenire realtà. 

Emanuela Ferri, del Dipartimento Salute Mentale dell’AUSL di Modena, durante la 2a Conferenza Nazionale per la Salute Mentale, promossa dal Ministero della Salute nel giugno 2021, nell’intervento “Prevenire la Contenzione” ha affrontato il tema della prevenzione della contenzione attraverso diversi aspetti chiave. Nella sua disamina Ferri descrive che per raggiungere tale obiettivo molti sono gli ambiti su cui dover lavorare in maniera sincrona e collaborativa: pertanto è utile ragionare sul fatto che l’assunzione di due operatrici non potrà essere condizione sufficiente per cambiare un fenomeno diffuso che fonda le sue radici su scelte di ordine etico ed organizzativo.

Innanzitutto Ferri sottolinea l’importanza degli aspetti strutturali, suggerendo una ridefinizione degli spazi destinati alla psichiatria, per creare ambienti che consentano alle persone in situazioni di agitazione di esprimersi fisicamente in diversi contesti. Di conseguenza, gli spazi devono diventare luoghi terapeutici che accolgono e elaborano le crisi, consentendo alle emozioni di manifestarsi in sicurezza, anche attraverso ambienti espressivi e stanze multisensoriali. Inoltre Ferri evidenzia l’importanza del dialogo costante tra interno ed esterno, suggerendo che la presenza di piante e verde possa avere un effetto benefico nel ridurre l’aggressività e lo stress. A tal proposito, ci piace sottolineare come il cortile esterno dell’SPDC di Verbania sia uno dei luoghi in cui si svolge la maggior parte del tempo ricovero, luogo prediletto per le attività riabilitative e gli scambi spontanei tra gli ospiti, esso stesso fautore di guarigione. 

Un altro punto fondamentale, descritto da Ferri in ottica di prevenzione della contenzione, riguarda il lavoro di squadra, che deve essere organico, multiprofessionale e integrato. Questo team dovrebbe essere formato anche su tecniche di de-escalation e avere come obiettivo comune il superamento della contenzione.

Si sottolinea, inoltre, l’importanza della personalizzazione del rapporto terapeutico, con l’obiettivo di creare un’alleanza volta a promuovere la condivisione, accogliendo il dolore e coinvolgendo tutto il personale.

Infine, vengono proposte diverse pratiche concrete, come la stipula di accordi ad-hoc con le Forze dell’Ordine per gestire situazioni critiche, l’introduzione precoce di approcci riabilitativi, la dimissione accompagnata e la diffusione della cultura e dell’approccio corretto per gestire gli agiti aggressivi anche in altri contesti, come il Pronto Soccorso e i Reparti Ospedalieri. Questo dovrebbe ridurre lo stigma e favorire un atteggiamento di sensibilità e accoglienza verso le persone che esprimono disagio.

Durante il lavoro in SPDC e la realizzazione di tale progetto è stato osservato come le varie fragilità presenti nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) richiedano una gestione attenta delle situazioni di emergenza, spingendo verso la creazione di un ambiente curativo che vada oltre il semplice contenimento delle marginalità sociali, eredità di un approccio manicomiale.

In risposta a questa complessità è essenziale fornire una formazione completa a tutto il personale del reparto, non solo per dotarlo di strumenti pratici e relazionali, ma anche per creare un ambiente sicuro, accogliente, bello e prevedibile per i pazienti.

La riduzione della contenzione meccanica deve essere accompagnata da una corretta selezione e formazione del personale, considerando le implicazioni sulla sicurezza. Il personale che si trova a lavorare nell’ambito psichiatrico spesso non ha scelto tale contesto, vivendolo con difficoltà, frustrazione e poca motivazione. Fondamentale sarebbe permettere al personale di poter scegliere o, per lo meno, ravvivare e stimolare la propria motivazione in un ambito lavorativo così delicato e richiedente di sforzi costanti. In particolare, le evidenze scientifiche suggeriscono una correlazione tra qualità dell’assistenza, bassa frequenza di contenzione e breve durata delle restrizioni.

È cruciale, quindi, adottare una gestione alternativa della violenza e ridefinire gli approcci organizzativi, ambientali e culturali.

Dopo i primi otto mesi dall’avvio del Progetto, in seguito all’analisi delle contenzioni e degli interventi adottati, l’ospedale Castelli di Verbania ha deciso di confermare la presenza di un Educatore Professionale Sanitario a tempo indeterminato in reparto, riconoscendo il valore degli interventi attuati.

Il Tecnico della Riabilitazione psichiatrica (attualmente ancora presente in SPDC a VB per portare a conclusione il progetto Regionale) e l’Educatore Professionale in SPDC fungono da ponte tra il personale sanitario, i pazienti, le loro famiglie ed i servizi territoriali, contribuendo attivamente alla costruzione di una rete di collaborazione, offrendo interventi riabilitativi personalizzati da affiancare alla terapia farmacologica atti a migliorare la qualità della vita di pazienti e familiari, in una prospettiva centrata sul recovery. L’inserimento di tali figure professionali nella nostra piccola realtà rappresenta un grande passo verso un auspicabile cambio di paradigma all’interno delle equipe ospedaliere, fondamentale per migliorare l’assistenza ed il benessere delle persone in un’ottica bio-psico-sociale.

Per realizzare il sogno di luoghi di cura in grado di superare le contenzioni è imprescindibile creare un ambiente in cui le fragilità e le sofferenze vengano accolte, trattate e curate con professionalità e competenza, mantenendo sempre al centro l’ascolto, l’empatia, il rispetto e l’umanità fondamentali in qualsiasi ambiente si tratti la Salute.

Bibliografia
Per approfondire
  • Cardano, Algostino, Caredda, Gariglio, Pardini, La contenzione del paziente psichiatrico. Un’indagine sociologica e giuridica, Il Mulino, 2020
  • Menegatto, Zamperini, Coercizione e disagio psichico. La contenzione tra dignità e sicurezza, Il Pensiero Scientifico Editore, 2018
  • Del Giudice, …e tu slegalo subito. Sulla contenzione in psichiatria, Edizioni Alpha Beta Verlag, 2020

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