Il contesto agisce sull’adolescente, e ciò proprio in virtù di quanto egli si proietti ad inserirvisi, negoziandone il suo ruolo all’interno, in un processo di accomodamento reciproco, in cui, a fianco del farsi portatore sano di una fisiologica tendenza al cambiamento, troviamo un sempre imperante bisogno di accettazione.
“Non ci sono più i giovani di una volta” è forse la frase più utilizzata nella storia delle riflessioni e interpretazioni dei fenomeni generazionali. Affermazioni di questo genere esercitano un fascino ab illo tempore e sembrano essere vittima, dell’overload informativo – che costringe alla semplificazione – ma, a onore del vero, anche dell’intrinseca fragilità narcisistica degli adulti, che affermando il declino del nuovo, si sentono già un po’ migliori.
Le tendenze semplificatorie e paternalistiche sono un rischio concreto quando si vuol parlare di ragazzi, le scienze psicosociali si presentano come preziose alleate per non scivolare in queste semplificazioni.
Fra queste, l’analisi ecologica dei sistemi entro cui l’individuo si muove si rivela metodo capace di rispondere alla complessità che ci si sottopone ogni qual volta cerchiamo di interrogare il presente e sarà interesse particolare all’intero questo articolo.
Riporteremo i dati emersi da un progetto di ricerca condotto dall’Associazione Contorno Viola, su mandato del CISS Ossola; studio che ha coinvolto 178 ragazzi dell’Istituto Marconi-Galletti-Einaudi di Domodossola ed è stato realizzato nell’ambito del progetto “Reti per Funamboli” che prevede una serie di attività in favore dei giovani, anche a seguito di alcuni episodi di violenze e disagio giovanile registrati sul territorio.
Territorio che, di fatto, non è soltanto passiva cornice delle azioni del singolo, ma per l’appunto, si scopre vero e proprio pilastro dei fattori contestuali capaci di incidere sull’adattamento psicosociale dell’individuo, ancor di più quando questo è adolescente.
Pensiamo, a tal proposito, all’influenza delle caratteristiche strutturali dei quartieri: uno studio di Leventhal & Brooks-Gunn, del 2000, ci informa che vivere in un ambiente ad alto Status socio Economico (SES) correli positivamente ai risultati scolastici e negativamente all’abbandono scolastico; così come vivere in quartieri con un basso SES aumenti le probabilità di essere coinvolti in comportamenti delinquenziali, criminali e di incorrere in problemi comportamentali – come agiti violenti, aggressivi e uso di sostanze. Tali dati, inoltre, paiono ancora maggiormente salienti, considerando che, laddove il giovane abbia l’opportunità di spostarsi da questi quartieri, le sue prospettive miglioreranno.
Ma ancora, possiamo citare gli innumerevoli processi che rientrano all’interno del concetto di capitale sociale: il senso di comunità, l’efficacia collettiva, la coesione sociale. Quest’ultima, a rappresentare il senso di appartenenza emozionale tra i membri di una comunità, è da assumere come determinante rispetto alla fiducia e la solidarietà tra i membri di una collettività (Santinello, Vieno, 2006)
Fiducia e solidarietà che, come ci informa una ricerca di Santinello e Vieno (Università di Padova) del 2011, pare centrale nel creare le condizioni affinché un genitore si fidi a lasciare i figli liberi di esplorare l’ambiente circostante, e quindi, a sua volta, si scopre determinante rispetto alla relazione adolescente-famiglia, in particolare circa i temi del controllo.
Particolarmente interessanti risultano gli studi appartenenti al mondo della psicolinguistica; soprattutto quelli che indagano i fattori che mediano la comparsa dell’errore fondamentale di attribuzione – ovvero la tendenza ad infierire tratti di personalità sulla base del comportamento osservato, anche quando quel comportamento potrebbe essere spiegato da fattori situazionali.
In sostanza, la locuzione “dipende dalla situazione” verrebbe utilizzata molto più frequentemente per sé stessi che per gli altri.
Il contesto, insomma, agisce su di noi, e forse più ancora di quanto l’individuo agisca su di esso. Il contesto, in particolare, agisce sull’adolescente, e ciò proprio in virtù di quanto egli, in questa fase, si proietti ad inserirvisi, negoziandone il suo ruolo all’interno, in un processo di accomodamento reciproco, in cui, a fianco del farsi portatore sano di una fisiologica tendenza al cambiamento, troviamo un sempre imperante bisogno di accettazione.
Il contesto, in conclusione, agisce su di noi, ed anche se non sempre sembriamo capaci o disposti a tenerne conto – come afferma David Foster Wallace: “l’ultimo ad accorgersi dell’acqua è il pesce” – per il progetto “Reti per Funamboli” abbiamo scelto di fare affidamento su un breve questionario qualitativo proprio al fine di raccogliere maggiori informazioni circa l’atteggiamento degli adolescenti dell’Ossola rispetto al loro contesto comunitario.
Anzi tutto, dall’analisi descrittiva del campione, di 178 soggetti, è emerso un target con una media d’età di circa 16 anni. La distribuzione geografica, inoltre, ha rivelato come la maggioranza dei rispondenti provenisse da Domodossola (24%), seguita da Villadossola (13%) e Crevoladossola (10%), con le restanti frazioni a completare la distribuzione complessiva.
Sotto un profilo descrittivo, si è ulteriormente evidenziata la notevole partecipazione di tutti i soggetti al questionario. È stato infatti osservato con favore come ciascun partecipante abbia fornito risposte esaurienti ai quattro item, spesso persino arricchendo le proprie risposte.
Rispetto alla domanda “Ti piace il posto dove abiti?” È emerso come il 26% dei rispondenti abbia dato un giudizio positivo, mentre il 74% abbia dato un giudizio negativo.
Analizzando nel dettaglio i giudizi sono stati identificati alcuni elementi chiave rispetto alle valutazioni.
In senso favorevole sono emerse caratteristiche quali: serenità ambientale, rapporto intimo con l’ambiente naturale, apprezzamento per la solidità delle relazioni sociali.
Ciò sembrerebbe confermare quanto emerge dalla letteratura: più stretti sono i confini di una comunità, più legati alla zona di residenza sono i propri membri (Santinello, Vieno, Crespi 2002).
Tra chi invece ha fornito una valutazione sfavorevole sono emerse: la carenza di opportunità rivolte ai giovani, una percezione di isolamento e di lontananza dai centri di interesse e una percezione negativa rispetto alla scarsa presenza di infrastrutture e servizi essenziali.
Ciò va considerato come di particolare interesse, in quanto una certa insoddisfazione per le caratteristiche sociodemografiche del proprio territorio, nello specifico rispetto alle opportunità che questo offre, emergerebbero come uno dei possibili fattori di rischio in adolescenza (Albiero, 2021).
Rispetto all’insoddisfazione dichiarata, poi, sono emerse conseguenti richieste di incremento delle strutture e di attività rivolte ai giovani. Tra le richieste più citate sono emerse la necessità di maggiori locali e centri di intrattenimento, miglioramenti alle infrastrutture sportive, spazi polifunzionali, ma anche corsi e opportunità formative.
Rispetto all’item che ha indagato come i partecipanti al questionario trascorrano il loro tempo libero, sono emerse le seguenti preferenze: uscite con gli amici, praticare attività sportive ed Hobby vari – nello specifico la Palestra e i videogame – e infine le interazioni con la propria famiglia.
Nello specifico, rispetto alle uscite con gli amici è risultato evidente come le attività più nominate siano state quelle legate alle zone verdi del territorio (sicuro valore aggiunto), ma anche ai bar e gli aperitivi (59%).
Riguardo al tema delle risse, di cui tutti i ragazzi affermano di aver sentito parlare, la maggioranza (63%) ha mostrato una forte disapprovazione, mentre il 22% non ha specificato un particolare atteggiamento di disapprovazione. Un ultimo 15% si è poi dichiarato apertamente indifferente.
Ad un’analisi più attenta del gruppo che ha manifestato aperta disapprovazione per le risse, sono emerse due sottocategorie distinte di atteggiamenti: la prima sottocategoria ha dichiarato come tali comportamenti siano essenzialmente inutili, senza dettagli ulteriori (73%) mentre la seconda sottocategoria è stata maggiormente propensa a descriverli come fonte di preoccupazione, anche personale (27%).
Nello stesso modo, tra coloro i quali non è emersa una particolare disapprovazione, si sono distinte due ulteriori sottocategorie: nella prima si è notato l’uso predominante di termini che suggeriscono indirettamente una normalizzazione del fenomeno delle risse (78%), mentre nella seconda si è fatto esplicitamente riferimento a tali comportamenti come fonte di intrattenimento e divertimento (22%).
Dai dati i è emerso inoltre che circa il 38% dei rispondenti abbia espresso opinioni specifiche rispetto alle possibili soluzione per affrontare le risse tra i ragazzi. Queste opinioni hanno incluso proposte educative, di sensibilizzazione e di supporto psicologico (70%), mentre altre proposte si sono maggiormente rivolte ad un rafforzamento del controllo da parte delle autorità (23%) e solo una piccola percentuale ha attribuito un ruolo potenziale al fornire maggiori alternative al tempo libero (5%).
Ciò rivelerebbe un notevole interesse nel condividere opinioni costruttive e, nondimeno, suggerirebbe la bontà di un coinvolgimento attivo dei giovani nella definizione di strategie e interventi.
A questo proposito, riteniamo che valutare l’organizzazione di gruppi di discussione o workshop, in luoghi già esistenti o in appositi spazi, potrebbe risultare pertinente. Seppur non di semplice introduzione, tali iniziative, potrebbero costituire un mezzo efficace per garantire che le voci dei diretti interessati siano ascoltate con attenzione, che le loro prospettive e necessità siano adeguatamente rispettate nell’elaborazione di futuri piani d’azione, e soprattutto che gli interventi applicati abbiano una maggiore probabilità di successo.
La partecipazione ai processi decisionali risulterebbe un importante fattore protettivo circa ai comportamenti a rischio in adolescenza (Albiero, 2021), in particolare nei gruppi di ragazzi più distanti da realtà associative e partecipative.
Queste indicazioni che arrivano dai ragazzi, per quanto generiche, sono decisamente chiare e vanno nella direzione della richiesta di spazi partecipativi, che possono avvenire nelle realtà sportive, associative, ma anche nella scuola, ad esempio con la Peer Education. I suggerimenti che nascono da questo breve percorso richiedono un rinforzo della comunità educante, senza cadere in retoriche securitarie o paternalistiche sui bei tempi quando i giovani erano educati.
Bisogna essere consapevoli di come educare significhi in primo luogo ascoltare, e di come proprio nel problema abiti spesso una parte della soluzione.
Bibliografia
American Psychological Association, Developing adolescents, (2002)
Albiero P. (2021), Il benessere psicosociale in adolescenza, Carrocci editore.
Vieno A., Santinello M., Crespi I, (2002) L’osservazione delle caratteristiche fisiche e sociali dei quartieri, in Prezza, Santinello (2002), pp. 103-32.
Vieno A., Santinello M., (2006), Il capitale sociale secondo un’ottica di Psicologia di comunità, in “Giornale Italiano di Psicologia, 33, pp. 481-97.
Santinello, M., & Vieno, A. (2021). C’è bisogno di un’intera comunità per far crescere bene i nostri adolescenti? in P. Albiero (Ed.), Il benessere psicosociale in adolescenza. Prospettive multidisciplinari, pp. 185-207.
Diario di Bordo è la Newsletter periodica di Alternativa A… in cui è possibile approfondire e analizzare le tematiche relative all’associazionismo provinciale, le ultime notizie e le anteprime.
© Alternativa A • Casa Don Gianni | Via dell’Artigianato, 13 | 28845 | P.Iva 00984480038 | alternativa-a@legalmail.it | Domodossola (VB) | Privacy Policy | Cookie Policy