Con il Codice del Terzo Settore sono stati introdotti nel nostro ordinamento gli strumenti della co-programmazione e della co-progettazione: una potenziale svolta, nella logica dei rapporti fra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore rivolta, al superamento della logica prestazionale a favore di una dimensione collaborativa e condivisa delle politiche di welfare e della costruzione di progetti per rispondere ai bisogni della collettività in una dimensione condivisa e territoriale.
Il disegno normativo apre le porte alla sussidiarietà orizzontale, un partenariato pubblico-privato che vede la PA garante dei processi di programmazione, progettazione e azione, realizzati congiuntamente alle organizzazioni della società civile nel comune perseguimento dell’interesse generale.
L’art. 55 del Codice del Terzo settore trova autorevole conferma con la sentenza 131 della Corte costituzionale, secondo cui l’amministrazione condivisa “realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria” riconoscendo al Terzo Settore “una specifica attitudine a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale”.
Promuovere un concorso di risorse umane, economiche e progettuali tra soggetti, privi di scopo di lucro, che fanno rete per realizzare un obiettivo programmato e progettato insieme, rappresenta una dinamica di pensiero e di processo molto differente dall’acquistare una prestazione da un fornitore alle migliori condizioni di mercato, un cambiamento culturale e operativo che è necessario metabolizzare sia per parte pubblica che privata. Occorre superare i moduli procedimentali consueti legati alla competitività, per imparare a collaborare leggendo il contesto, i bisogni, condividendo dati e informazioni per definire le modalità di intervento, partendo, preferibilmente, dalla programmazione delle politiche strategiche, per arrivare alla progettazione dei servizi alla cui realizzazione collaborano diversi soggetti in un mix di risorse, competenze, intenti e responsabilità.
La messa a terra dei processi di amministrazione condivisa ha dimostrato, nella pratica, le potenzialità di una collaborazione efficace e efficiente; ma ancora troppo spesso, la transizione verso un nuovo modo di operare è condizionata dalla conservazione di comportamenti consolidati che inficiano la ratio dello strumento, depotenziandolo in funzione di criteri volti al risparmio e al mantenimento dei servizi in essere, piuttosto che alla loro implementazione e innovazione.
La collaborazione richiede tempo, energie, condivisione di obiettivi, capacità di ascolto, competenze progettuali, fiducia reciproca; programmare e progettare insieme significa da un lato abdicare, almeno in parte, al ruolo decisionale e di indirizzo dell’Amministrazione Pubblica e dall’altro assumersi una responsabilità di gestione strategica che, talora, espone il privato sociale a una maggiore vulnerabilità che aumenta la percezione del rischio.
La “comfort zone” delle dinamiche esistenti, oltre a creare un ancoraggio alla conservazione delle pratiche di gestione dei servizi consolidate, rischia anche di condizionare la partecipazione allargata degli attori territoriali, riconducendo a processi falsamente inclusivi – cosiddetti “tokenism” – dove i componenti del tavolo parlano linguaggi diversi, hanno competenze differenti e faticano a trovare spazi di espressione o ancora, a un sistema di interlocutori di “fiducia” con una sorta di selezione degli stessi che riporta ai fornitori abituali, inibendo l’apporto di esperienze innovative, di punti di vista originali e di approcci trasversali e interdisciplinari, che potrebbero contribuire a sviluppare un welfare più rispondente alle reali necessità del territorio, uscendo dal condizionamento dei servizi preordinati.
In Piemonte si assiste con una certa frequenza all’utilizzo di tali procedure, in particolare di co-progettazione. Non sempre il risultato è stato in linea alle attese, ma molti sono gli esempi di eccellenza anche pioneristica, nell’ambito delle quali le Cooperative Sociali di Legacoop Piemonte sono state protagoniste, come è il caso della progettazione congiunta, e della conseguente realizzazione di interventi a sostegno di persone in condizione di fragilità sociale o socio-sanitaria; servizi di domiciliarità e residenzialità flessibile ed interventi educativi e semiresidenziali a beneficio di minori e giovani e dei loro familiari che il Con.I.S.A., in forza della delega conferita dai Comuni associati, ha promosso sul territorio delle Valli di Susa e Sangone proprio con l’intento di “ripensare il tradizionale sistema di risposte ai bisogni dei cittadini”, proprio con l’obiettivo di “una presa in carico comunitaria dei bisogni”, grazie al concorso coordinato di una pluralità di risorse professionali, volontarie, di vicinato, e di altre forme di attivazione espresse dalla società civile del territorio.
La Città di Torino, da sempre all’avanguardia nei processi di innovazione sociale, ha partecipato, in qualità di soggetto attuatore, per le azioni PNRR – Missione 5 – rivolte al sostegno delle persone vulnerabili e alla prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti, ai percorsi di autonomia per persone con disabilità e all’Housing temporaneo e Stazioni di posta. Sulle 21 progettualità proposte, la Città ha scelto di procedere con la modalità dell’amministrazione condivisa avviando contestualmente il percorso di coprogrammazione con le rappresentanze e gli organismi del Terzo Settore, rafforzando altresì gli sviluppi progettuali, individuando immobili di proprietà dell’Amministrazione da mettere a disposizione dei soggetti di Terzo Settore per le azioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevedendo la possibilità di approvare contributi in conto capitale per l’adeguamento e la ristrutturazione degli immobili pubblici messi a disposizione. Una procedura articolata e complessa, una sperimentazione quasi unica a livello nazionale, che ha richiesto uno studio approfondito che consentisse di riconciliare i criteri dell’amministrazione condivisa con quelli della concessione e valorizzazione dei beni di proprietà pubblica e con le procedure PNRR, in un’ottica di corresponsabilità tra il pubblico e il privato sociale, nella costruzione del benessere e della salute della comunità di cui il Comune è il rappresentante e “ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo”.
Sempre la Città di Torino ha avviato una macro progettazione nell’ambito dell’iniziativa “Città dell’educazione”, che vede la collaborazione con la Fondazione Compagnia di San Paolo finalizzata alla costruzione di servizi per l’infanzia, per i ragazzi e per i giovani, con l’obiettivo, anche qui, di condividere un cambiamento culturale e di impegnarsi in un investimento strutturale per il futuro.
Lo scorso 25 marzo è stata emanata la nuova Legge Regionale su Terzo settore (L.R. N. 7 “Norme di sostegno e promozione degli enti del terzo settore piemontese”), un atto di indirizzo fondamentale, per certi versi perfettibile, quale primo passo concreto verso la regolamentazione, a livello territoriale, dei rapporti fra PA ed ETS.
La Regione Piemonte, le ASL regionali, così come i Consorzi e gli Enti erogatori delle funzioni socio-assistenziali, si stanno muovendo verso procedure di sussidiarietà orizzontale, un fermento positivo e vivace, a tratti ancora scomposto, ma indicativo di un cambiamento che è necessario governare, per coglierne appieno le potenzialità.
Occorre da una parte promuovere una riflessione organica sul partenariato, con particolare riferimento ai piccoli e medi Comuni, per facilitare l’applicazione degli strumenti di partecipazione, ricercando forme di incentivazione, volte a premiare l’applicazione di tali strumenti, valutandone l’impatto rispetto alle politiche sociali locali e favorendo le reti fra ETS, i rapporti con gli Enti filantropici, la cittadinanza attiva, i destinatari dei servizi, i poli di innovazione tecnologica e anche con il privato profit per creare sinergie ampie, raccogliere i contributi e trasformarli in progetti sociali, che vadano oltre il servizio tradizionale, e possano creare un sistema di welfare adeguato all’evoluzione dei bisogni della collettività, inclusivo nel metodo e nel merito.
Un’opportunità di crescita sociale, un cambio di paradigma che può rappresentare l’occasione per ritrovare quel protagonismo di pensiero e di azione che ha caratterizzato la nascita della cooperazione sociale e che ha fatto del mutualismo la chiave di volta del superamento dell’istituzione totale e della nascita dei servizi territoriali e che oggi può contribuire a ricreare un contesto di collaborazione fra tutti gli attori che hanno a cuore l’interesse generale e agiscono nella stessa direzione.
Fotografia di copertina: Immagine di freepik
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